giovedì 28 aprile 2011

DANNO ALL’IMMAGINE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE .

Per diritto all’immagine dell’ente pubblico si intende il diritto al conseguimento, al mantenimento ed al riconoscimento della identità di persona giuridica pubblica, alla tutela della “estimazione sociale”, “reputazione”, “prestigio” dell’ente pubblico, giuridicamente tutelato in forza dei principi di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 97 della Costituzione.


Una pronuncia della Corte dei Conti, a sezioni riunite, del 23.04.03, ha statuito che il danno all’immagine di un ente pubblico è da intendersi altresì quale danno patrimoniale in senso ampio, rientrante nella più generale figura del danno esistenziale. 


Secondo quanto prescritto dalla Carta Costituzionale ex art. 97(che impone imparzialità, legalità e buon andamento degli uffici pubblici) ed ex art. 54( che impone peculiari obblighi di disciplina ed onore ai soggetti che esercitano pubbliche funzioni), appare evidente che l’immagine della Pubblica Amministrazione si connota per il rispetto della legalità e del buon andamento dell’attività svolta, per cui le lesioni di tali principi ben possono determinare perdita di immagine. Occorre, poi,  osservare che titolare di siffatto interesse non è propriamente l’ente collettivo, bensì lo Stato-comunità nel suo complesso (gli amministrati), ed è a favore di esso, e non dello Stato-persona (che semmai è il soggetto passivo dei doveri di legalità, imparzialità e buona andamento), che l’art. 97 Cost. impone una riserva di legge e specifici doveri all’amministrazione ed ai suoi rappresentanti.


Le voci di danno risarcibile, pertanto, potrebbero allora estendersi sino a ricomprendervi il danno che, pur non ricollegabile immediatamente e direttamente alla P.A. come ente pubblico sia, di fatto, pregiudizievole agli interessi collettivi fondamentali, riconosciuti meritevoli di tutela giuridica. 


Peraltro, già una innovativa giurisprudenza ha ricostruito il danno erariale come danno alla collettività, ponendo le basi per allargare le voci di pregiudizio risarcibile fino a ricomprendervi i danni all’ambiente, al paesaggio, alla salute; si è già riconosciuta, in tal modo, la possibilità di attribuire una vera e propria posizione soggettiva giuridicamente rilevante ai portatori di interessi collettivi, ampliando le maglie del risarcimento alle ipotesi di lesione agli interessi della collettività.


L' Avvocato Francesca Marrese
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mercoledì 13 aprile 2011

Limiti Soggettivi di Applicazione del Diritto di Rappresentazione.

In una recente pronuncia, la Corte di Cassazione torna ad occuparsi di un tema classico quando si discorre di limiti di applicazione del diritto di rappresentazione, l'istituto in virtù del quale subentrano i discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado in cui del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può ( per avvenuto decesso) o non vuole ( per rinuncia) accettare l'eredità o il legato.

I Giudici di legittimità hanno recentemente precisato che "l'art. 416 del codice civile circoscrive i limiti di applicazione dell'istituto della rappresentazione, sia nella successione legittima sia in quella testamentaria, nel senso che essa ha luogo a favore dei discendenti legittimi del chiamato che, nella linea retta sia figlio, e in quella collaterale, fratello o sorella del defunto"(sentenza n. 22840 del 28 ottobre 2009).

La Cassazione sostiene quindi che la rappresentazione ha luogo solo a favore dei discendenti del chiamato che sia figlio, ovvero fratello o sorella del defunto: "ciò dispone l'art. 468 c.c., circoscrivendo l'ambito di applicazione dell'istituto nei confronti dei soggetti a cui favore opera, e cioè della persona del rappresentante e del rappresentato. Sicchè, per aversi rappresentazione nella linea retta, è necessario che il chiamato sia figlio della persona della cui eredità si tratta, e nella linea collaterale che sia fratello o sorella del de cuius".

Sono invece esclusi dalla rappresentazione i discendenti dei collaterali di terzo o ulteriore grado: ond'è che quando (…) gli istituiti con testamento siano nipoti ex frate e alcuni di essi non possano accettare l'eredità perché premorti al testatore, non si fa  luogo alla rappresentazione perché manca l'istituzione del fratello o della sorella che, nella linea collaterale, è la persona che la legge considera debba essere rappresentata.

La rappresentazione può dunque avere luogo all'infinito ( in linea retta e in linea collaterale) ma solo nell'ipotesi in  cui il primo chiamato all'eredità è un figlio o un fratello del defunto.

La rappresentazione, invece, non opera se con testamento viene istituito un soggetto diverso, anche se si tratta di un discendente in linea retta del defunto. 

Avvocato Francesca Marrese

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EQUA RIPARAZIONE PER I PROCESSI TROPPO LUNGHI

La legge n.89 del 24 marzo 2001, meglio nota come legge Pinto, ha introdotto nel nostro ordinamento lo strumento della equa riparazione a favore di "chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali" in relazione, al mancato rispetto del "termine ragionevole" di cui all'art. 6, paragrafo 1, della predetta Convenzione : "Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e parziale, costituito per legge".

In virtù  della citata normativa, è previsto il riconoscimento di una somma di denaro per ciascun anno di eccessiva durata del processo, ammontante a circa 1.000/1.500 euro, che può aumentare sino a 2.000 euro nei casi di particolare rilievo come, ad esempio, nei procedimenti pensionistici o penali, nelle cause di lavoro, nelle liti che incidano sulla vita e sulla salute).

Per "periodo ragionevole, solitamente si intende: - 3 anni per i procedimenti di primo grado - 2 anni per i procedimenti di secondo grado; - 1 anno per la Cassazione.

Queste, ovviamente, non sono regole comune a tutti i processi poiché, nello specifico, occorrerà vagliare il singolo caso, considerando, di volta in volta, la complessità della fattispecie ed il comportamento processuale tenuto dalle parti e dal giudicante.

E' possibile presentare il ricorso per equa riparazione a prescindere dalle sorti della lite e quindi, sia nelle ipotesi in cui si vinca, sia in quelle in cui si perda o si concilii la causa davanti al giudice.

Inoltre, la domanda potrà essere presentata anche per una causa ancora pendente; in detta ipotesi potrà essere richiesta la liquidazione di una somma in ragione degli anni oltrepassanti il consentito.
La domanda si propone dinanzi la Corte di Appello territorialmente competente, esponendo i fatti e le ragioni in maniera dettagliata, avendo cura di documentare la lungaggine processuale.

Il processo si conclude con il provvedimento giudiziale che riveste la forma di decreto immediatamente esecutivo in forza del quale lo Stato Italiano viene condannato a corrispondere al ricorrente l'indennizzo.

Il decreto va notificato, a cura del difensore, all'Avvocatura dello Stato. 

Avvocato Francesca Marrese
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ASSICURAZIONE CASALINGHE E SICUREZZA LAVORO DOMESTICO

ASSICURAZIONE CASALINGHE E SICUREZZA LAVORO DOMESTICO 

“Gent.mo Avvocato, sono una casalinga e vorrei sapere se esiste una specifica tutela assicurativa contro gli infortuni domestici”. 

Carissima Lettrice,

con sentenza n.28 del 1995, la Corte Costituzionale ha affermato il principio dell’equiparabilità del lavoro svolto all’interno della famiglia alle altre forme di lavoro, riconoscendo il diritto alla tutela previsto dall’art. 35 della Costituzione.
Il legislatore italiano ha così recepito detto principio ed emanato la Legge n.493 del 1999 recante Norme per la tutela della salute nelle abitazioni ed istituzione dell’assicurazione  contro gli infortuni domestici”.

L’assicurazione contro gli infortuni domestici è gestita dall’INAIL, attraverso  un Fondo autonomo speciale con contabilità separata, al quale sovrintende un Comitato amministratore.
L’assicurazione comprende i casi di infortunio avvenuti, per causa violenta o virulenta, in occasione  ed a causa di lavoro in ambito domestico, a condizione che dall’infortunio sia derivata una inabilità permanente al lavoro pari o superiore al 33% .
Soggetti obbligati all’assicurazione sono i componenti del nucleo familiare (uomo o donna) che abbiano un’età compresa tra i 18 e 65 anni che svolgono, in via non occasionale, senza vincolo di subordinazione ed a titolo gratuito, attività in ambito domestico finalizzata alla cura delle persone che costituiscono il proprio nucleo familiare ed alla cura dell’ambiente domestico ove dimora lo stesso nucleo familiare.

L’obbligo assicurativo viene meno se i componenti del nucleo familiare svolgono altre attività che comporti l’iscrizione presso altre forme obbligatorie di previdenza sociale.
La legge n.493/1999 individua il luogo di lavoro della casalinga che è dato dall’abitazione ove dimora abitualmente il nucleo familiare, comprensiva delle pertinenze(soffitte, cantine, giardini, balconi)e delle parti comuni condominiali ( terrazzi, scale, androni); è stata compresa anche la dimora temporanea per e vacanze solo se situata su territorio italiano.

Il premio assicurativo pro capite è stato fissato in euro 12,91 per anno solare, deducibile ai fini fiscali, ed è posto a carico della persona assicurata.
Sono invece esonerati dal versamento di detto premio assicurativo, ed in questo caso il costo dell’assicurazione viene sostenuto dallo Stato, i soggetti titolari di un reddito proprio non superiore ad € 4.648,11 annui e un reddito familiare non superiore ad € 9.296,22.

L’iscrizione all’assicurazione viene effettuata mediante versamento del premio assicurativo con le modalità stabilite dall’INAIL. In ipotesi di inosservanza dell’obbligo del versamento del premio assicurativo alle scadenze previste (entro il 31 gennaio di ogni anno) è dovuta una somma aggiuntiva di importo non superiore all’ammontare del premio stesso, graduabile in relazione al periodo dell’inadempimento  secondo i criteri di graduazione stabiliti dal Comitato amministratore del fondo, fatti salvi gli ulteriori accertamenti che l’Istituto assicuratore ritiene di dover effettuare.

Il soggetto in regola con il pagamento del premio o, se esonerato, in regola con il solo obbligo della iscrizione, ha diritto alla corresponsione di una rendita vitalizia rapportata al grado dell’inabilità stessa, quando dall’infortunio sia derivata un’inabilità permanente tale da ridurre l’attitudine al lavoro in misura pari o superiore al 33%.  A seguito di ulteriori interventi normativi la tutela è stata estesa ai casi mortali, prevedendo una rendita ai superstiti ed il diritto anche all’assegno funerario.

L’assicurato, il quale non riconosca fondati i motivi del provvedimento dell’Istituto assicuratore riguardante l’obbligo assicurativo, la contribuzione, il diritto alla prestazione stessa, nonché la misura della prestazione stessa, può presentare ricorso al Comitato amministratore del Fondo autonomo speciale, per il tramite della Sede INAIL che ha emanato il provvedimento, da spedire con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o da presentare con lettera della quale abbia ritirato ricevuta, entro novanta giorni dalla data del provvedimento impugnato, comunicandone i motivi del gravame ed allegando gli elementi giustificativi dell’opposizione.

Non ricevendo risposta nel termine di centoventi giorni dalla data di presentazione del ricorso e qualora la risposta non gli sembri soddisfacente, l’assicurato potrà adire l’Autorità giudiziaria. L’azione giudiziaria per conseguire la rendita di inabilità, infine, si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell’infortunio con postumi permanenti indennizzabili.

Avvocato Francesca Marrese
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