lunedì 30 maggio 2011

Risarcimento del Danno per Demansionamento

Risarcimento del danno per demansionamento

L' articolo 13 della L. n. 300/1970 disciplinando di fatto il c.d. "demansionamento", così testualmente stabilisce: "il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario è nullo". 

In ragione di tale dettato normativo, il dipendente deve essere assegnato alla mansione per cui è stato assunto, cosicché, si  profilerebbe la fattispecie del "demansionamento" quando il datore del lavoro conferisce al lavoratore un compito differente dall'originario sia in termini di sottrazione di compiti qualitativi che quantitativi, con il conseguente aumento del danno risarcibile in relazione alla privazione stessa. A causa di questa particolare condizione che può verificarsi sul luogo di lavoro, il dipendente può agire in giudizio per chiedere la condanna del datore di lavoro alla reintegrazione nelle mansioni svolte precedentemente e per cui è stato assunto. Tuttavia, si sono concretizzate delle deroghe in capo ai datori di lavoro, tanto da richiedere il necessario intervento della Suprema Corte, al fine di dirimere le relative controversie che si sono poste in essere nel corso degli anni. 

Una recente pronuncia della S.C. di Cassazione del 4 Marzo 2011 (sent. n. 5237), ha statuito che in caso di accertato demansionamento professionale, la risarcibilità del danno all'immagine derivato al lavoratore a cagione del comportamento del datore di lavoro presuppone che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilità e che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi.

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giovedì 26 maggio 2011

Calamità Naturali e Benefici Previdenziali dei Lavoratori Agricoli

Calamità  naturali e benefici previdenziali a favore dei lavoratori agricoli a tempo determinato 

Il comma 65, art. 1 della legge 24.12.2007 n. 247 ha sostituito il comma 6 dell'art. 21 della legge 23.07.1991 n. 223 così modificando sostanzialmente la normativa relativa al riconoscimento dei benefici in conseguenza agli eventi calamitosi.

In concreto, la norma novellata riconosce al lavoratore lo stesso numero di giornate prestate nell'anno precedente presso l'azienda che ha subito danni da calamità.

Per il riconoscimento del beneficio assicurativo nei confronti dei lavoratori agricoli sono previste le seguenti condizioni:

  • il lavoratore deve essere stato occupato per almeno cinque giornate presso un'impresa agricola ;
  • l'impresa agricola deve ricadere in un Comune calamitoso;
  • il Comune calamitoso deve essere delimitato ai sensi dell'art. 1, comma 1079, legge 27.12.2006 n.296 e quindi le singole Regioni avranno il compito di delimitare le aree colpite da avversità atmosferiche eccezionali comprese nel Piano assicurativo agricolo annuale;
  • l'impresa agricola deve aver beneficiato delle misure volte ad incentivare la stipula di contratti assicurativi contro i danni della produzione e delle strutture ed avuto anche il risarcimento del danno da parte dell'assicurazione.

Per la gestione delle imprese che hanno subito danni per calamità i cui riflessi si ripercuotono sui lavoratori agricoli a tempo determinato occorrerà seguire la consueta procedura di modalità di accesso dell'invio telematico del DMAG-Unico.

Considerato, poi, che detto beneficio opera anche nei riguardi dei piccoli coloni e compartecipanti familiari, la medesima dichiarazione dovrà essere presentata su modulo cartaceo dai concedenti qualora risultino operare in un Comune colpito dagli eventi inseriti nel piano assicurativo annuale ed abbiano attivato la procedura di rimborso.


L'Avvocato, 

Francesca Marrese

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lunedì 16 maggio 2011

FONDO VITTIME DELL’AMIANTO


Il Fondo Vittime Dell'Amianto, previsto nel 2007, è entrato in vigore solo il 13.01.2011 il Fondo per le vittime dell'amianto, fondo destinato al sostegno dei lavoratori malati ed al sostentamento dei familiari di lavoratori deceduti per malattie dovute al contatto con la sostanza nociva .

Il Fondo è  istituito presso l'INAIL, con contabilità autonoma e separata ed è finanziato con risorse provenienti dallo Stato (per ¾) e dalle imprese .

Finalità  del Fondo è l'erogazione dello speciale beneficio a favore dei lavoratori titolari di rendita diretta, anche unificata, ai quali sia stata riconosciuta dall' Inail e dall'ex Ipsema, una patologia asbesto-correlata per esposizione all'amianto e alla fibra "fiberfrax", nonché i loro familiari titolari di rendita ai supersiti.

Nello specifico, hanno diritto a detta prestazione aggiuntiva:

  • i lavoratori titolari di rendita diretta, anche unificata, ai quali sia stata riconosciuta dall'Inail e dall'Ipsema, una patologia asbesto-correlata per esposizione all'amianto e alla fibra fiberfrax, la cui inabilità o menomazione abbia concorso al raggiungimento del grado minimo indennizzabile in rendita ( pari o superiore all'11% in regime testo unico e al 16% in regime danno biologico);
  • i familiari dei lavoratori vittime all'amianto e della fiberfrax, individuati ai sensi dell'art. 85 del Testo Unico, titolari di rendita a superstiti, qualora la patologia asbesto-correlati abbia avuto un ruolo nella morte dell'assicurato.

La prestazione è fissata in una misura percentuale della rendita. Per gli anni 2008 e 2009 la misura è stata fissata al 20%  ed è erogata in una unica soluzione entro il 31.12.2001 mentre per il 2010 al 15% da erogare entro il 30.06.2012.

Dal 2011, prestazione aggiuntiva è erogata mediante due acconti, finanziati utilizzando le risorse provenienti dal bilancio dello stato e un conguaglio utilizzando le risorse annue derivanti dall'effettiva riscossione dell'addizionale dovuta dalle imprese.

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lunedì 9 maggio 2011

Il Contratto di Comodato

Il comodato è un contratto essenzialmente gratuito che produce, in capo al comodatario, effetti obbligatori quali: - l'obbligo di costituire e conservare il bene, sia esso mobile o immobile, con la diligenza del buon padre di famiglia; - di non servirsene che per l'uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa; - di non concedere a terzi in godimento il bene senza il consenso del comodante; - di restituire il bene alla scadenza convenuta o quando se n'è servito in conformità del contratto (artt. 1803 e segg. c.c.).

Esso viene posto in essere principalmente tra soggetti legati da vincoli di amicizia o di parentela cosicché, come previsto dall'art. 1811 c.c., alla morte del comodatario, il comodante può chiedere agli eredi l'immediata restituzione del bene, essendo venuto meno il soggetto per il quale specificamente il contratto era stato realizzato.

Il comodato viene stipulato generalmente per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo in capo al comodatario, della restituzione del bene alla scadenza convenuta.

Si definisce, invece, comodato precario quello in assenza di un termine e dell'impossibilità di desumerne uno dall'uso cui la cosa è destinata. In questi ultimi casi, il comodatario è tenuto a restituire la cosa in ogni momento, appena il comodante la richieda (art. 1810 c.c.) e senza che ricorra alcun particolare motivo.

Come ha avuto modo di esprimersi la Suprema Corte, la figura del comodato precario, si caratterizza " per la previsione che la scadenza della validità del vincolo dipenda potestativamente dalla volontà del comodante, il quale può farla maturare ad natum mediante richiesta di restituzione del bene,. Tale richiesta determina l'immediata cessazione del diritto del comodatario alla disponibilità e al godimento della cosa, con la conseguenza che, una volta sciolto per iniziativa unilaterale del comodante, il vincolo contrattuale, il comodatario che rifiuti la restituzione della cosa, viene ad assumere la pozione di detentore sine titolo del bene altrui, salvo che dimostri di poterne disporre in base ad altro rapporto diverso dal precario" (Cass. n. 5987/2000).


Avvocato Francesca Marrese
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