giovedì 20 settembre 2012

La Mediazione Civile e Commerciale


Intervento dell'Avvocato Marrese sulla introduzione della Mediazione Civile e Commerciale..




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Intervento dell'Avvocato sulla Tutela dei Diritti



Video con consigli dell'avvocato sulla tutela dei diritti.



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Intervista all'Avvocato Marrese


Video dell'intervista all'Avvocato Francesca Marrese al Convegno delle Donne di Sant'Agata di Puglia



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martedì 26 luglio 2011

L' assegno di mantenimento per il figlio

Assegno di mantenimento sino all'indipendenza economica del figlio

L'obbligo dei genitori al mantenimento del figlio, dopo il compimento dei 18 anni, resta «finché i genitori o il genitore interessato non provi che il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica oppure che è stato da loro posto nella concreta posizione di poter essere autosufficiente, ma non ne abbia tratto profitto per colpa sua». Così ha stabilito la Corte di Cassazione Civile, Sez. III, Sent. 16.06.2011 n. 13184. Il caso ha riguardato una coppia separata in conflitto sulla valenza giuridica all'erogazione degli alimenti per il figlio maggiorenne affidato alla madre sin dalla minore età. 

Dopo varie vicissitudini la problematica è approdata in Cassazione cheha ritenuto valide le motivazioni addotte dall'ex moglie perchè «la legittimazione del figlio divenuto maggiorenne non esclude quella della madre affidataria e titolare dell'assegno di mantenimento per il figlio in base alla sentenza di divorzio, dovendosi ribadire che il coniuge separato o divorziato, già affidatario del figlio minorenne, è legittimato anche dopo il compimento da parte del figlio della maggiore età, ove sia con lui convivente e non economicamente autosufficiente, ad ottenere dall'altro coniuge un contributo al mantenimento del figlio» e aggiunge che solo se il figlio "incolpevolmente non ha raggiunto l'indipendenza economica".

E' un obbligo che sorge direttamente ed in istantanea dal rapporto di filiazione e gravante non solo sui genitori nel caso di figli nati nell'ambito del matrimonio, ma, allo stesso modo, nel caso di riconoscimento del figlio naturale. La norma costituzionale in materia di mantenimento è ribadita dall'art. 147 del Codice Civile il quale esplicitamente prevede che "il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli", precisando, nel successivo articolo, che i coniugi devono adempiere l'obbligo in parola contribuendo in proporzione alle rispettive sostanze e capacità di lavoro professionale e casalingo.

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lunedì 18 luglio 2011

Licenziabilità durante il Periodo di Prova

È intervenuta nuovamente la Corte di Cassazione a chiarire alcuni dubbi interpretativi in merito alla licenziabilità durante il periodo di prova.

Per la Corte è possibile licenziare un lavoratore in prova senza l'obbligo della motivazione (Sent. n. 23227 del 17 novembre 2010).

In effetti, ai sensi dell'articolo 2096 del codice civile, l'assunzione in prova del prestatore di lavoro per periodo di prova deve risultare da un atto scritto e durante questo periodo ciascuna delle parti può recedere dal contratto senza l'obbligo di preavviso o d'indennità.

Il codice civile ribadisce, però, che se la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.

La Corte ha chiarito che le tutele contenute nella Legge 15 luglio 1966 n.604, norme sui licenziamenti individuali, si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio, ai sensi dell'art. 2095 c.c. e, per quelli assunti in prova, si applicano dal momento in cui l'assunzione diviene definitiva e, in ogni caso, quando sono decorsi sei mesi dall'inizio del rapporto di lavoro. 

In buona sostanza, il rapporto di lavoro subordinato costitutito con patto di prova è sottratto, per il periodo di sei mesi, alla disciplina dei licenziamenti individuali, ed è caratterizzato dal potere di recesso da ambo le parti.

La discrezionalità  del datore di lavoro si esplica senza obbligo di fornire al lavoratore alcuna motivazione, neppure in caso di contestazione, sulla valutazione della capacità e del comportamento professionale del lavoratore stesso.

La Corte ribadisce che la discrezionalità non deve intendersi, però, come assoluta, ma deve essere coerente con la causa del patto di prova; così il lavoratore che non dimostri il positivo superamento della prova o l'imputabilità del recesso a cause estranee alla prova stessa, non può eccepire ne dedurre in sede giurisdizionale la nullità del licenziamento.

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mercoledì 13 luglio 2011

Perimento Totale o Parziale dell’Edificio

"Se l'edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno dei condomini può richiedere la vendita all'asta del suolo e dei materiali, salvo che sia diversamente convenuto. Nel caso di perimento di una parte minore, l'assemblea dei condomini delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell'edificio e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse. L'indennità corrisposta per l'assicurazione relativa alle parti comuni è destinata alla ricostruzione di queste. Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell'edificio è tenuto a cedere agli altri condomini i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuni soltanto dei condomini" (art. 1128 c.c.).

Costante giurisprudenza concorda nel ritenere che il perimento totale di un edificio condominiale determini l'estinzione del condominio, per mancanza dell'oggetto, venendo meno il rapporto di servizio tra le parti comuni e le porzioni di proprietà esclusiva (non più esistenti) e permanga soltanto la comunione pro-indiviso tra gli ex condomini sull'area di risulta.

Ne deriva che, in caso di mancata ricostruzione dell'immobile (nell'ipotesi seppur non consentita dalla disciplina urbanistica) e di mancata vendita all'asta del suolo e dei materiali (non richiesta da nessuno dei comproprietari), può porsi fine alla predetta comunione con lo scioglimento della stessa che, in caso di d'indivisibilità del suolo, deve essere effettuato a norma degli artt. 1116 e 720 c.c., attribuendo, preferibilmente il bene per intero al titolare della quota maggiore (o ai titolari della quota maggiore, ove questi ne richiedano congiuntamente l'attribuzione), con l'addebito dell'eccedenza, corrispondendosi, cioè, agli altri condomini la somma equivalente del valore della loro quota.

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mercoledì 6 luglio 2011

Il Mobbing Verticale


"Per mobbing si intende una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisico-psichico e del complesso della sua personalità"(Corte di Cassazione, Sent. n.12048 del 31.05.2011). 

Ai fini della confìgurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro – precisa la Suprema Corte -  sono rilevanti: a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fìsica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio.

La sussistenza della lesione del bene protetto e delle sue conseguenze deve essere verificata  procedendosi alla valutazione complessiva degli episodi dedotti in giudizio come lesivi - considerando l'idoneità offensiva della condotta del datore di lavoro, che può essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente da una connotazione emulativa e pretestuosa, anche in assenza della violazione di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato. 

La sentenza sintetizza gli elementi costitutivi del mobbing e lascia intendere che singole condotte del datore di lavoro, seppure ritenute fortemente biasimevoli, non consentono di provare l'intento persecutorio del datore e, quindi, di provare l'esistenza di un atteggiamento emarginante, discriminatorio o persecutorio riconducibile al mobbing.

Avv. Francesca Marrese

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